I Magnifici a Sestri Levante

 

Questo straordinario documento, di cui vado particolarmente orgoglioso, è reso possibile grazie alla consultazione minuziosa di numerosi archivi pubblici e privati (Brignole Sale, Durazzo Giustiniani, Doria, Comune di Sestri Levante, Vescovile di Brugnato Sarzana, di Stato di Genova) che trattano di Sestri Levante e che finora nessuno aveva mai visionato. Riportando alla luce documenti inediti e sorprendenti, ne è scaturito un quadro unico sulla nobiltà genovese – votata dal commercio all’alta finanza – che, a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento, decise di investire nel territorio della Podesteria, in modo sistematico, al punto che non è affatto sbagliato parlare di una nuova feudalizzazione e di una «Sestri Levante dei Magnifici», ovvero dell’oligarchia assolutista che deteneva il potere nella Serenissima Repubblica di Genova. Le grandi famiglie estesero la loro influenza sul territorio e su chi l’abitava per oltre due secoli, riducendolo appena dalla Repubblica ligure in poi, cioè a partire dal 1797. Il quadro complessivo comprende anche i modi di vita in uso allora e le descrizioni dei ceti degli umili, che con i nuovi padroni dovettero misurarsi, nonché il loro lavoro, in stragrande maggioranza agricolo. E anche la storia dell’edificazione dei «palazzi di villeggiatura» che ancora oggi, almeno in parte, è possibile ammirare. Inoltre, le fonti hanno permesso di confutare una seri di vulgate nel frattempo fiorite, e pubblicate, distantissime dalla realtà dei fatti accaduti. Non solo questo; si sono sviluppate le storie del torrente Gromolo, delle monache Turchine, della tassa sul fiume Gromolo, del rio Ravino, del vescovado pro tempore assegnato alla Podesteria di Sestri Levante, della parrocchia di Santa Margherita e così via. Ringrazio, poi, Barbara Bernabò, che ha collaborato e a cui si deve la stesura degli alberi genealogici di tutti i nobili presenti a Sestri Levante. Il libro, uscito la settimana scorsa, sarà a giorni in libreria. E, naturalmente, le storie riguardanti le grandi famiglie genovesi – senza eccezione – che a scadenze irregolari, hanno eletto a Sestri la loro residenza «di svago», riportandone nomi, attività, successioni e alberi genealogici, così da rendere il quadro non soltanto completo, bensì fissato in modo definitivo. Completato dalle «fiere di cambio», ovvero mercati finanziari – una Wall Street ante litteram – cui diedero vita, a scadenza trimestrale e proprio a Sestri Levante, i membri influenti – e ricchissimi – delle stesse famiglie, attivando prestiti alle più importanti monarchie europee e a una miriade di altri soggetti.

Esiste, poi, un’altra peculiarità, i cui esordi hanno trovato ovviamente posto nelle pagine del libro. Il declino delle proprietà nobiliari permise, a partire dagli ultimi anni del XIX secolo, di connotare Sestri Levante con caratteristica unica tra Genova e La Spezia: l’affermazione dell’industria. Anzi, l’industria poté affermarsi proprio grazie all’esistenza di vasti appezzamenti privi di abitazioni, che permisero l’impianto di fabbriche grandi e piccole. Così, il primo stabilimento sorto sul territorio, ormai Comune a tutti gli effetti e non più Podesteria, nel 1897, il «Cotonificio ligure», fu edificato sui terreni Sertorio, nei pressi della nuova stazione ferroviaria e ugualmente alcuni piccoli cantieri navali, per esempio i «Vissiak», questi costruiti alla foce del Gromolo nella stessa proprietà; le «Officine liguri elettromeccaniche» nacquero sui terreni Negrotto Cambiaso Giustiniani già Gentile; le «Trafilerie e laminatoi di metalli», poi Fit, su quelli Cattaneo della Volta, mentre la nuova acciaieria, a Trigoso, utilizzò aree già Fieschi; la «Laterizi levante», con i suoi depositi di argilla, ancora sui terreni Gentile, parte al Carmelo e parte a Fossalupara; la «Fabbrica dei chiodi», poi Fismal, a Lignone sempre sui terreni Gentile; il «Retificio Stagnaro», a Riva Trigoso, sulle proprietà Lamba Doria ex Balbi; la «Ledoga» ebbe a disposizione fondi già Brignole; e così via. Soltanto l’Ente bacini, poi Cantieri del Tirreno, nacque in parte sulla spiaggia di Riva Trigoso e il resto, forse, su aree non nobiliari. È però indubbio che le fabbriche – che trasformarono molti pescatori e contadini in operai – per un loro pieno sviluppo ebbero bisogno di vaste proprietà non parcellizzate. E a differenza degli altri paesi costieri delle due riviere, Sestri Levante assommò nel tempo una duplice caratteristica: una forte presenza aristocratica che ne disegnò il territorio connotandolo dal punto di vista agricolo-padronale e, successivamente, una identica presenza industriale, che lo connotò per l’alto numero delle maestranze. L’indubbia chiave di lettura, il punto fermo, è che lo sviluppo delle fabbriche si ebbe in corrispondenza del declino delle proprietà nobiliari. Molte delle quali ottenute, come si costaterà, grazie a prestiti a piccoli proprietari che, al momento della scadenza, non potendo restituire le somme dovute cedettero terreni e case. In una situazione simile la voce preminente dei paesi affacciati sul mare, il turismo, all’inizio divenne quasi accessoria. Si tentò, ma per il suo pieno decollo si dovettero attendere gli anni Cinquanta del Novecento.

Gli autori, attuando una vera e propria «rilettura della storia», sono convinti di aver scritto l’opera più importante dedicata a Sestri Levante tra il XVI e il XIX secolo. Hanno anche individuato una numerosa serie di siti dai nomi ormai desueti, ma che allora costituirono la ricchezza momentanea di moltissimi piccoli proprietari-contadini e perfino i nomi dei primi abitanti di Sigestro, che intorno al 1150 occuparono la penisola, su precisa concessione del Comune di Genova, costituendone così il nucleo originario della popolazione.

 

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